Le raccomandazioni della Lega e il miracolo Crespo
di Marco Liguori e Salvatore Napolitano
Il ciclone che si è scatenato a Bruxelles sulla legge 27 del 21
febbraio 2003, più nota come "salva calcio", era ampiamente
prevedibile. Tante voci autorevoli avevano sottolineato l'astrusità
della norma, partorita solo per mettere una toppa ai conti e tirare a
campare per un altro po' di tempo. "Falso in bilancio legalizzato"
aveva tuonato immediatamente il professor Victor Uckmar, uno dei più
noti tributaristi italiani ed ex presidente della Co.vi.soc., la commissione
che vigila, o meglio, dovrebbe vigilare, sui bilanci delle società
di calcio. "Una singolare innovazione" aveva commentato ironicamente
l'allora presidente della Consob, la commissione che controlla le società
quotate in Borsa, Luigi Spaventa. Il contrasto con le disposizioni del
Codice Civile e della IV Direttiva Cee, che regolano la redazione dei
bilanci, e la violazione delle norme contabili italiane ed internazionali
ed era ed è evidente anche ai membri più provveduti della
maggioranza parlamentare che l'ha approvata.
Cosa accadde davvero il 21 febbraio 2003? Accadde che il Parlamento tramutò
in legge un decreto emanato dal Governo, il cui presidente, Silvio Berlusconi,
è al tempo stesso presidente del Milan, su richiesta del numero
uno della Federcalcio, Franco Carraro, che rivestiva però contemporaneamente
il ruolo di banchiere, tramite Mcc del gruppo Capitalia, interessato alle
vicende della Lazio, essendone azionista. E rossoneri e biancocelesti
sono tra coloro che hanno approfittato del decreto. Tra le grandi, anche
Roma e Inter se ne sono avvalse. Le svalutazioni effettuate ammontano
per l'Inter a 319,39, per il Milan a 242,005, per la Lazio a 212,91 e
per la Roma a 133,6 milioni. Senza la legge 27 quelle svalutazioni avrebbero
intaccato il patrimonio netto, costringendo ad un'immediata ricapitalizzazione.
Per i capienti portafogli di Massimo Moratti e di Silvio Berlusconi non
sarebbero stati problemi irrisolvibili, ma soltanto qualche grosso fastidio.
Per Lazio e Roma sarebbe stato invece molto diverso.
Ma non è tutto. L'obbrobrio contabile che va sotto il nome di legge
27 del 21 febbraio 2003 è stato applicato anche in modo furbesco
dalle società che hanno deciso di servirsene. E la soluzione è
stata trovata nel solito modo: la Lega calcio, presieduta dall'amministratore
delegato del Milan, Adriano Galliani, ha provveduto con la solerzia usuale
in casi del genere ad emanare un documento di applicazione della norma,
definendolo come Raccomandazione Contabile. Era già accaduto per
l'interpretazione fiscale delle plusvalenze ottenute dalla cessione dei
calciatori. Per l'Agenzia delle entrate erano operazioni soggette a tassazione
ai fini Irap, per la Lega no. La cosa si è ripetuta: i criteri
interpretativi appositamente riferiti alla legge 27 e fissati dall'Oic,
l'organismo italiano di contabilità, sono stati disattesi. Secondo
l'Oic "la svalutazione è determinata e rilevata nel bilancio
dell'esercizio primo luglio 2002- 30 giugno 2003, con riferimento alla
data del 30 giugno 2003". In parole semplici, le società avrebbero
dovuto calcolare il valore contabile al 30 giugno 2003 e su quello effettuare
la svalutazione consentita dalla legge. Invece, esse hanno agito diversamente,
svalutando rispetto ai valori al 30 giugno 2002. Non sono quisquilie:
secondo quanto ha ammesso ad esempio la Lazio a pagina 8 del suo bilancio,
"l'adozione dell'impostazione contabile raccomandata dall'Oic avrebbe
comportato una maggiore perdita al lordo dell'imposta di 54,4 milioni
di euro".
Un esempio può chiarire meglio la questione: ipotizziamo che una
società avesse iscritto a bilancio un calciatore al 30 giugno 2002
a 20 milioni, con contratto quadriennale. In tal caso l'ammortamento contabile
annuo, che rappresenta un costo, sarebbe dovuto essere di 5 milioni. Al
30 giugno 2003 il valore di bilancio sarebbe perciò sceso a 15
milioni. Ipotizziamo anche che l'intervento della perizia ne avesse portato
il valore a 7 milioni. Secondo l'Oic la svalutazione sarebbe stata pari
a 8 milioni e la legge ne avrebbe consentito la "spalmatura"
in dieci anni, con un costo annuo di 800mila euro. Secondo la Lega la
svalutazione sarebbe stata pari a 13, con un costo annuo di 1,3 milioni.
Nell'interpetazione Oic, il costo totale sopportato nell'esercizio 2002-2003
per quel calciatore sarebbe stato dunque pari a 5,8 milioni. In quella
della Lega, invece, avrebbe inciso soltanto per 1,3 milioni. Se ripetuto
per tutto il patrimonio giocatori ben si comprende la portata dei risparmi
conseguiti.
Ma non è finita qui. L'Inter può vantare una furbizia ulteriore
rispetto alle altre: ha già ottenuto una plusvalenza sfruttando
il giochino della svalutazione. Ricostruiamo la vicenda dai bilanci: il
31 agosto 2002 i nerazzurri acquistarono Hernan Crespo dalla Lazio a 38
milioni (pagina 53 del bilancio biancoceleste). Il contratto era quadriennale,
dunque con un ammortamento annuo pari a 9,5 milioni, che ne avrebbe dovuto
portare il valore al 30 giugno 2003 a 28,5 milioni: ma a fine agosto 2003
l'argentino è stato rivenduto al Chelsea per 24 milioni. Ci si
sarebbe aspettati una minusvalenza di 4,5 milioni a carico dell'esercizio
che chiuderà il prossimo 30 giugno: invece, miracolosamente, a
pagina 8 del suo bilancio l'Inter ci ha fatto sapere di aver ottenuto
una plusvalenza di 20,663 milioni da contabilizzare proprio nell'esercizio
in corso. Si poteva fare? No. Il Codice Civile parla chiaro al terzo comma
dell'articolo 2426: la valutazione va fatta al costo di acquisto regolarmente
ammortizzato. A meno che non ci sia il riscontro di "una perdita
durevole" che autorizza l'iscrizione a bilancio al prezzo inferiore
di presumibile realizzo. Secondo la perizia effettuata il 30 giugno 2003
il valore di Crespo era crollato a poco meno di 4 milioni. Meno di due
mesi dopo era improvvisamente schizzato a 24 milioni. Non c'è dunque
perdita durevole. E l'assemblea ha approvato questa magia da Houdini il
31 ottobre scorso, facendo finta di nulla. Evviva la chiarezza e la precisione
dei bilanci!
(Fonti:
www.ilmanifesto.it)
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